LA POLITICA AL TEMPO DELLA DEMERITOCRAZIA
Il dominio delle elites dei mediocri
Se oggi fossimo chiamati a rispondere alla domanda: "Cosa ti colpisce di più durante lo svolgersi di una comune giornata nei comportamenti delle persone con cui entri in contatto?", la risposta che darei immediatamente, senza dubbi e reticenze, sarebbe: mi colpisce il livello di grande conflittualità inter individuale, istintiva, epidermica, aprioristica, quasi primordiale - non saprei quanto realmente irrazionale e non invece rappresentazione di un costante e preordinato stato di veglia ed attenzione verso quella che viene percepita come un’ineludibile condizione di minaccia esterna-.
Una pre-condizione di conflittualità, in grado di mettere tutti contro tutti.
Da tale rudimentale livello di contrapposizione aprioristica, deriva l’innesco di un potenziale effetto domino, inarrestabile, in cui tutti proiettano il conflitto in una dimensione personale, nel tentativo di raggiungere, qualsiasi metà a qualsiasi costo. Il conflitto, capillarizzato, come arma fondamentale di base per fa si che si affermi, lentamente ma inesorabilmente, la cultura della mediocrazia, intesa nel senso che si creino e si consolidino, come gruppi dirigenti, le elites dei mediocri. Proprio di coloro che non hanno i requisiti minimi, le capacità, le conoscenze per poter aspirare al governo di una qualsiasi dinamica, il cui sviluppo determini ricadute esistenziali sugli altri.
Le società in cui l’assetto demeritocratico tende a stabilirsi, a prendere forma e a consolidarsi, sono quelle in cui valori fondamentali non riescono a farsi largo e ad imporsi come avamposti teorici e riferimenti pragmatici irrinunciabili. Riferimenti valoriali forti, importanti, dovrebbero rappresentare i capisaldi di un assetto societario in cui i migliori, i più capaci, i più preparati, dovrebbero avere in mano i destini degli altri ed il governo dei processi complessi, ispirandosi all’etica della responsabilità.
In totale contrpposizione a quanto detto, l’indirizzo che sta prevalendo da tempo, verso cui si è orientata la società attuale, è quello della demeritocrazia. Si sta imponendo la convinzione che chiunque possa fare questa o quella professione. La diffusione di una consapevolezza e di un’aspettativa: quella che tutti possono fare tutto. Quella che tutto è alla portata di tutti. Mettere incapaci e mediocri a governare situazioni complesse e articolate.
Del diffondersi dell’idea che non occorrono capacità, qualità, predisposizione, applicazione, studio, impegno, conoscenza, talento, merito, costanza, esperienza per poter fare una determinata cosa, per far fronte ad un determinato impegno, per raggiungere un obiettivo, per saper governare un processo senza esserne travolti, per saper far navigare una nave indirizzandola dove vogliamo noi e non mandarla alla deriva, magari frantumandosi sugli scogli. Tutto ciò, oggi, conta meno di niente. Se qualche volta le pedine riescono casualmente ad essere collocate nella loro giusta posizione, in applicazione al concetto meritocratico, in grado di garantire un’ottimale funzione del sistema, di contro, nella maggior parte dei casi, non ci sono quasi mai le pedine al posto giusto. Incapaci, ignoranti vengono collocati, in punti strategici del sistema, senza avere le capacità di gestire le complessità legate al ruolo che rivestono.
Da qui la degenerazione dei sistemi e delle loro relazioni e concatenazioni. Spesso il sistema continua a funzionare, non si ferma, in quanto esistono degli automatismi che ne consentono la continuità. Ma è come camminare con una macchina con tre ruote, senza freni, che non riesce a stare in carreggiata e che non è in grado di portarci a destinazione. L’aggravante di questa indecente situazione è rappresentata dal fatto che coloro che inopinatamente rivestono compiti di responsabilità, senza averne le capacità e la qualità per farlo, si auto convincono di essere realmente persone idonee per quel ruolo e quindi, incarnandone l’essenza, si ergono anche a riferimenti da prendere ad esempio. Nasce da qui la tendenza al consolidamento di un errore sistematico che se viene perpetuato, da origine ad un sistema errato, corrotto, in cui la non-qualità, la non-capacità, il non-valore, il non-impegno, si impongono come fatti ineludibili, ben visibili e chiaramente discernibili dall’attenzione altrui e quindi facilmente emulabili. In questo modo si da luogo alla diffusione della non-qualità e della non-capacità come "valori". Ciò avviene, ormai sistematicamente ad opera di coloro che intuendo quanto sia importante la diffusione di questa cultura della mediocrità, si impegnano per farne un solido substrato esistenziale, comune a tanti che vada a sostituire la cultura del merito, delle capacità e della qualità. Il prevalere di questa cultura genera la diffusione della mediocrità in tutti i campi ed il consolidamento delle elites di mediocri che poi tendono, ovviamente, all’autoconservazione.
Se oggi fossimo chiamati a rispondere alla domanda: "Cosa ti colpisce di più durante lo svolgersi di una comune giornata nei comportamenti delle persone con cui entri in contatto?", la risposta che darei immediatamente, senza dubbi e reticenze, sarebbe: mi colpisce il livello di grande conflittualità inter individuale, istintiva, epidermica, aprioristica, quasi primordiale - non saprei quanto realmente irrazionale e non invece rappresentazione di un costante e preordinato stato di veglia ed attenzione verso quella che viene percepita come un’ineludibile condizione di minaccia esterna-.
Una pre-condizione di conflittualità, in grado di mettere tutti contro tutti.
Da tale rudimentale livello di contrapposizione aprioristica, deriva l’innesco di un potenziale effetto domino, inarrestabile, in cui tutti proiettano il conflitto in una dimensione personale, nel tentativo di raggiungere, qualsiasi metà a qualsiasi costo. Il conflitto, capillarizzato, come arma fondamentale di base per fa si che si affermi, lentamente ma inesorabilmente, la cultura della mediocrazia, intesa nel senso che si creino e si consolidino, come gruppi dirigenti, le elites dei mediocri. Proprio di coloro che non hanno i requisiti minimi, le capacità, le conoscenze per poter aspirare al governo di una qualsiasi dinamica, il cui sviluppo determini ricadute esistenziali sugli altri.
Le società in cui l’assetto demeritocratico tende a stabilirsi, a prendere forma e a consolidarsi, sono quelle in cui valori fondamentali non riescono a farsi largo e ad imporsi come avamposti teorici e riferimenti pragmatici irrinunciabili. Riferimenti valoriali forti, importanti, dovrebbero rappresentare i capisaldi di un assetto societario in cui i migliori, i più capaci, i più preparati, dovrebbero avere in mano i destini degli altri ed il governo dei processi complessi, ispirandosi all’etica della responsabilità.
In totale contrpposizione a quanto detto, l’indirizzo che sta prevalendo da tempo, verso cui si è orientata la società attuale, è quello della demeritocrazia. Si sta imponendo la convinzione che chiunque possa fare questa o quella professione. La diffusione di una consapevolezza e di un’aspettativa: quella che tutti possono fare tutto. Quella che tutto è alla portata di tutti. Mettere incapaci e mediocri a governare situazioni complesse e articolate.
Del diffondersi dell’idea che non occorrono capacità, qualità, predisposizione, applicazione, studio, impegno, conoscenza, talento, merito, costanza, esperienza per poter fare una determinata cosa, per far fronte ad un determinato impegno, per raggiungere un obiettivo, per saper governare un processo senza esserne travolti, per saper far navigare una nave indirizzandola dove vogliamo noi e non mandarla alla deriva, magari frantumandosi sugli scogli. Tutto ciò, oggi, conta meno di niente. Se qualche volta le pedine riescono casualmente ad essere collocate nella loro giusta posizione, in applicazione al concetto meritocratico, in grado di garantire un’ottimale funzione del sistema, di contro, nella maggior parte dei casi, non ci sono quasi mai le pedine al posto giusto. Incapaci, ignoranti vengono collocati, in punti strategici del sistema, senza avere le capacità di gestire le complessità legate al ruolo che rivestono.
Da qui la degenerazione dei sistemi e delle loro relazioni e concatenazioni. Spesso il sistema continua a funzionare, non si ferma, in quanto esistono degli automatismi che ne consentono la continuità. Ma è come camminare con una macchina con tre ruote, senza freni, che non riesce a stare in carreggiata e che non è in grado di portarci a destinazione. L’aggravante di questa indecente situazione è rappresentata dal fatto che coloro che inopinatamente rivestono compiti di responsabilità, senza averne le capacità e la qualità per farlo, si auto convincono di essere realmente persone idonee per quel ruolo e quindi, incarnandone l’essenza, si ergono anche a riferimenti da prendere ad esempio. Nasce da qui la tendenza al consolidamento di un errore sistematico che se viene perpetuato, da origine ad un sistema errato, corrotto, in cui la non-qualità, la non-capacità, il non-valore, il non-impegno, si impongono come fatti ineludibili, ben visibili e chiaramente discernibili dall’attenzione altrui e quindi facilmente emulabili. In questo modo si da luogo alla diffusione della non-qualità e della non-capacità come "valori". Ciò avviene, ormai sistematicamente ad opera di coloro che intuendo quanto sia importante la diffusione di questa cultura della mediocrità, si impegnano per farne un solido substrato esistenziale, comune a tanti che vada a sostituire la cultura del merito, delle capacità e della qualità. Il prevalere di questa cultura genera la diffusione della mediocrità in tutti i campi ed il consolidamento delle elites di mediocri che poi tendono, ovviamente, all’autoconservazione.
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