moderatamente scemi
Rotolando giù lungo la China
Riflessioni di un individuo qualunque che stenta ad orientarsi nei nuovi spazi della politica in cui si è tutto e si è niente
E cosi rotolando giù lungo la china, di rimbalzo in rimbalzo, di contusione in contusione, di effrazione in effrazione, eccoci, alfine approdati, al grande partito dei moderati italiani. Moderati Italiani, o moderati Europei ?
Siamo moderati ? Siamo un partito di centro moderato ?
Non siamo più il centro destra: cioè il centro (FI) e la destra (AN).
Ma cosa vuol dire essere “moderati”, come ci ha definito Berlusconi, o meglio come Berlusconi ha definito il partitone contenitore che oggi ci accoglie tutti ? Si, tutti, chi più chi meno. Cioè chi “più” convinto, chi “meno” convinto. Chi di convinzione ha fatto “il pieno” e non vede altra soluzione che la “grande confluenza” e chi di convinzione non ne ha punto o nulla, ma, non sa cosa fare e dove andare. Chi ha perduto i riferimenti – un po’ come chi ha perso la memoria – e vaga guardandosi intorno, non riconoscendo più nulla di ciò che gli apparteneva un tempo o che gli era “familiare” un tempo. Chi, obtorto collo, è confluito in questa terra di tutti e di nessuno e vaga in cerca di stelle per non smarrirsi, ma finisce per girare in tondo, compiendo traiettorie tanto bizzarre quanto inconcludenti.
Ma ormai, come tutti stanno imparando a comprendere, la geometria politica è finita. Gli “spazi politici” delimitanti figure geometriche non ci sono più. Siamo tutti o quasi nel mondo adimensionale di Platone: nell’iperuranio. Nel mondo delle idee, non in quello della concretezza. Purtroppo, però, a voler cercarle “le idee” non ci sono.
E’ proprio questo il bello: le idee non ci sono.
La politica attuale, stenta a trovare le sue fondazioni. La sua architettura non si fonda più su idealità, su pensiero che si traduce poi in modelli, progetti e programmi. Non c’è più un’organizzazione ideale della società che parta o tragga spunto ed ispirazione da idee forti sul quale articolare l’architettura di un sistema sociale.
No, nulla di tutto ciò. Si fa un gran parlare di idee, valori, ecc ecc, ma al dunque si lascia andare tutto come viene. Si parla del valore della famiglia e poi a tutti – in pratica – non interessa un gran chè. Si parla di etica nella politica, di questione morale e nel bel mentre, indignati, questi professori “ipocriti”, proferiscono con sacralità ispirata, le parole dei loro consunti slogan, con malcelata destrezza, anche non volendo generalizzare, si riempiono le tasche, chi più chi meno.
Le idee ed i valori rimangono li, come forme o suoni inanimati, squallidi slogan, ai quali i beccaccioni di turno (ce ne sono sempre molti) abboccano abbondantemente.
Ma non divaghiamo e ritorniamo all’interrogativo posto nella parte iniziale.
Cosa vuol dire essere moderati o appartenere al grande partito dei moderati italiani ?
Beh, da tempo e da piu’ parti, si mette ormai l’accento sul superamento dei concetti di destra e sinistra. Nessuno più sembra crederci, fatta eccezione per quei cittadini che ancora oggi hanno ben chiaro cosa vogliano dire quelle collocazioni antiche, quei riferimenti quasi ontologici che taluni non possono fare a meno di utilizzare, per poter far capire all’interlocutore da che parte stanno.
Cosa dire poi di Casini che fa della sua alternativa di centro il punto portante della sua politica. In questa ultima campagna elettorale si è definito sui 6x3, affissi ovunque, come “l’estremo centro”.
Altroché moderato: Casini è diventato un’estremista del centro.
Casini è l’ultimo superstite residuale della filosofia politica che ha animato Veltroni nella sua breve primavera politica: la filosofia del “se po’ fa”. Casini può essere “moderato ed estremista” un po’ come Veltroni - animato dalla filosofia del “se po’ fa” era un po’ l’uno e un po’ l’antitesi dell’uno, cioè l’altro.
Ma cosa bisogna essere e cosa si è quando ci si definisce moderati? “Come pensa” e “cosa pensa” il moderato che vive e milita nel grande partito dei moderati ? E “cosa si fa” quando si agisce come e da moderati ?.
Boh !
Per sentito dire io so, da un pezzo che Casini si definisce un moderato. So per esperienza e per sentito dire che i cosiddetti moderati si collocano in quello spazio della geometria politica euclidea che identifica il centro.
Casini l’estremista di centro me lo conferma. Poi non so più altro.
So soltanto che io mi sento e penso come quando avevo venti anni o giù o su di li. Con lievi aggiustamenti legati all’età e alla crescita o alla maturazione che dir si voglia. Per il resto so che provengo dall’esperienza politica del MSI prima e di Alleanza Nazionale poi.
So che io non c’entro nulla con Casini che la pensa diversamente da come la penso io. Su molte cose. Eppure io e lui oggi ci ritroviamo tutti e due ad essere moderati. Tutti e due nel PPE (Partito Popolare Europeo).
Tutto ciò è accaduto l’anno scorso, quando qualcuno mi ha detto che occorreva confluire in un più grande contenitore dove potevano star bene e ritrovarsi tutti coloro che pur nella distinzione stavano ormai insieme da 15 anni. Forza Italia e Alleanza Nazionale, in poche parole, potevano considerarsi la stessa cosa. Forza Italia il partito dei moderati che a livello europeo si riconosce nel Partito Popolare Europeo, con Casini, con la parte sinistra della vecchia Dc, oggi confluita nel PD. Tutti li dentro e tutti insieme. I moderati.
Ma ritorniamo al concetto di moderazione che sembra ormai essere il luogo della convergenza del pensiero unico universale. In mancanza di pensatori e di pensiero alternativo – convincente – non resta altro che ammucchiarsi, omologarsi in un processo adattativo, nel grande contenitore della moderazione.
In che cosa dovremmo sentirci moderati ? In cosa siamo moderati ? Siamo moderatamente progressisti o moderatamente conservatori ? Siamo moderatamente liberali e moderatamente liberisti ? Siamo moderatamente laici o ci riconosciamo moderatamente nei valori cristiani anche come elementi fondanti le dinamiche sociali, relazionali e politiche che costituiscono da secoli la nerbatura della nostra esistenza e di quella dei discendenti della stirpe italica? Siamo moderatamente d’accordo con i valori nazionali o siamo moderatamente contrari in ossequio ad una visione europeista, internazionalista, ibridista ? Siamo moderatamente contrari all’aborto, all’eutanasia, oppure siamo moderatamente d’accordo con le tematiche etiche, di cui oggi – ma sempre di più nel futuro prossimo - verremo tirati ad esprimerci ?
E sul tema della famiglia come la mettiamo ? Tutti a riempirsi la bocca con la famiglia, la sua sacralità, i suoi valori. Guai a chi tocca la famiglia ai moderati. Ce ne fosse uno che dopo aver pubblicamente inneggiato ai sacri valori della famiglia poi non lo si scopra al terzo matrimonio, convivenza multiple, cambi e transizioni
di sesso, divorzi, figli mandati a quel paese ecc. ecc.
Siamo moderati anche nell’ipocrisia. Santa moderazione, dovrebbero istituire un undicesimo comandamento. “Sii Moderato”. Ovviamente con moderazione.
Non è facile sfuggire alle contraddizioni apparenti. Lo stesso Prezzolini quando scrisse il manifesto dei conservatori, si fece sfuggire che il conservatore deve essere anche un innovatore e coniò il detto felice : “innovare conservando”.
Qualche “pezzo grosso” di AN ha detto: a noi non interessa dove andremo (riferendosi alla confluenza di AN e FI nel PDL), in quale contenitore ci ammasseremo, a noi interessa portare il nostro patrimonio di valori, il nostro DNA, all’interno di quel contenitore cosicché potremmo, tutti, agevolmente ritrovarci, intorno a quei valori.
Dove ? aggiungo io. All’interno del grande partito dei moderati ? Ipocrisia allo stato puro.
Perché non si dice molto più semplicemente che l’unico modo per rimanere al potere, per gestire, per governare, è quello di rimanere adesi, appiccicati, alle chiappe del cavaliere, alle sue mosse ed alle sue intuizioni politiche, al suo appeal nazional popolare, al suo essere politicamente tutto e niente (e cioè essere ex socialista, ex democristiano, anche un po’ di destra e missino, sicuramente liberale e liberista, un po’ leghista ecc), al suo essere politico ed impolitico, ad essere, in poche parole, un fenomeno particolare del suo tempo, praticamente unico ed irripetibile, nel bene e nel male.
E quindi trovo inutile inerpicarsi in iperboli di pensiero – elaborate nel tentativo, quasi puerile, di trovare spiegazioni ed “excusatio”, come pure l’evocazione di scenari migliorativi - in cui si cerca di far coincidere ideali, ideologie, identità, attivismo, militanza, impegno e quant’altro per come è noto a molte di quelle persone che hanno una storia, una provenienza ed un’appartenenza ben evidenti.
Capisco la difficoltà di far fronte al cavalier Berlusconi ed alla sua capacità di rimescolare le carte affinché i conti possano tornargli al meglio. Il cavaliere deve poter governare agevolmente – e cioè al meglio – con una compagine che sia allineata e coperta alla sua volontà, senza che nessuno disturbi realmente il Timoniere che governa la nave o l’apparato. Il povero Casini – il re dei moderati – titolare storico della moderazione italica per diretta discendenza da coloro che il moderatismo l’hanno inventato - è stato cacciato da Berlusconi – reo di aver fatto traballare la coalizione nel 2001-2006 e di aver disturbato troppo con le sue infinite e reiterate richieste, il timoniere medesimo.
Oggi effettivamente la coalizione PDL-Lega è più stabile per mancanza di gente che da dentro o fuori il PDL, rompa i coglioni al “capo”.
Il gruppo proveniente da AN si è sciolto ibridizando le proprie molecole con quelle, scarsamente identitarie di coloro che venivano dai mille e variegati universi da cui era costituita F.I.
Un ibrido mezzo tonto ed inconsapevole di ciò che sta facendo, mezzo intontito ed anestetizzato dalla briosa macchina da guerra berlusconiana che tante vittorie ed entusiasmo ha combinato. Finchè si vince va tutto bene. Ci vorrà una bella serie di sconfitte nel post Berlusconi per far scomparire questo stato soporoso e far ritornare dallo stato vegetativo un’area politica che “una volta” sapeva bene cosa voleva dire valori, identità, appartenenza ecc. ecc.
Solo le nobili molecole storaciane e di pochi altri, iniziali, suoi seguaci, hanno resistito al canto della sirena berlusconiana (una sirena vieppiù condizionata dai diktat posti da Fini al cavaliere riguardanti coloro che potevano o non potevano entrare nella coalizione, soprattutto se lo volevano fare mantenendo un partitino che avrebbe ancora evocato l’idea di una destra).
Poi come d’incanto, a meno di due anni dall’iniziale dissociazione, ecco che quasi tutte le “molecole dissociate”, come pecorelle smarrite, si sono riunite alla massa-gregge centrale, mentre solo poche molecole hanno preferito la via, chiaramente distinta, dell’autonomia, disponibile di tanto in tanto ad affiancarsi per sostenere la PDL in scenari cangianti.
Solo le componenti di AN, di Roma e del Lazio, coriacee per loro intrinseca natura, ma soprattutto dei loro capicorrente, restano in vita, resistendo ai processi di dispersione molecolare, causati dalla confluenza nel PDL. Ma i tre correntoni facenti capo ad Alemanno, Augello e Rampelli, rappresentano tre forti centri di potere che nulla hanno a che fare, se non in via commemorativa e residuale, con la loro originale provenienza ed appartenenza.
Essi, tuttavia, rappresentano un epifenomeno ben lontano dal poter sparigliare o diminuire il processo di omologazione ed omogeneizzazione messo in piedi da Berlusconi con il varo del PDL.Dicono che la gente comune ha gradito la fusione e che il nuovo soggetto politico sia molto attrattivo di consenso (l’ha dimostrato alle elezioni politiche del 2008 ed anche dopo). Ciò è senz’altro vero finché ci sarà Berlusconi come elemento centrale e di riferimento focale del progetto e del soggetto politico PDL. Ma cosa avverrà dopo ? Finita la parabola Berlusconiana, cosa accadrà del grande soggetto politico dei moderati ?
Fini è ormai da tempo sintonizzato su quel versante e sta cercando di garantirsi il posto di timoniere per il dopo. Costi quel che costi. Ovvero: a tutti i costi. Cambiando idea, più volte rispetto a quanto pensato ed agito in un passato neanche tanto remoto, nel tentativo di dare nuovi contenuti – più moderni più futuribili – a quell’universo politico che si genererà dopo la scomparsa politica del cavaliere.
Cosa farà Fini: costituirà un nuovo soggetto politico che lo veda elemento centrale ed erede indiscusso di Berlusconi o continuerà restando a capeggiare la PDL. Per Fini ciò cambia poco, è un dettaglio o meglio un fastidio. Dipenderà se avrà tutti a favore o la maggioranza a favore nel PDL. Se ciò avverrà resterà il capo del PDL, altrimenti costituirà un nuovo soggetto politico e tenterà a tutti i costi di fare il capo di un nuovo soggetto (e questa sarebbe una reale novità), tentando di governare l’Italia da quella posizione politica. Non sarà facile.
Ma cosa c’entra il moderatismo con tutto ciò ? Diciamo che l’assetto PDL – con a capo Berlusconi - rappresenta – con i tempi che corrono – il miglior assetto possibile per poter detenere il potere politico e di governo in Italia, stante la situazione che vede schierati contro il PDL una massa disomogenea, disadorna, litigiosa e scollegata come quella che nel giro di soli 10 anni ha portato alla morte politica almeno 10 capipopolo della sinistra.
Berlusconi ne ha fatti fuori politicamente più della peste a Milano durante il 1500-1600. Il capofila fu Occhetto che non aveva ancora terminato di udire il fragore dell’emozioni della bolognina che in una battibaleno, la vittoria di Berlusconi del 1993 lo aveva già fatto diventare storia passata. Poi, in un crescendo rossiniano, ecco le vittime più illustri: Prodi, Dalema, Rutelli, Fassino, Veltroni, Franceschini e adesso, ha già la testa sul ceppo, il “simpatico romagnolo” Bersani.
Una strage di politici. Con Berlusconi non ce la fa nemmeno il Padreterno, figuriamoci se la spuntano quattro ex comunistelli od ex democristiani.
Bisogna rassegnarsi ed attendere che al povero Berlusca arrivi una raccomandata dall’altissimo che lo chiami, inderogabilmente, ad assumere “impegni superiori”. Solo in questo modo ci potrà essere un nuovo futuro per una nuova classe dirigente di ciò che una volta si chiamava sinistra o centro sinistra. Lo stesso vale per il centro destra, prima che finisca per divenire non un “carrierificio”, come lo defini Fini oltre 10 anni fa, ma un “velinificio” come da tempo si sta orientando a divenire.
Sempre più squallida, inoltre, è la tendenza ad immettere nei ruoli attivi della politica, amici, fratelli, figli, fidanzate, cognati e nefandezze varie. Il limite della sopportabilità è ormai stato varcato da tempo.
Heidegger e Nietzsche oggi non starebbero più nella pelle osservando quanto si siano avverate le loro previsioni sul tramonto dell’occidente e sull’avvento di una società nichilistica.
La speranza, forse realmente l’ultima, potrebbe essere racchiusa nell’ondivago, improvvisato, autoreferenziale procedere di Fini.
Ad il suo richiamarsi ad una nuova interpretazione della destra. Anche ad una nuova e complessa rielaborazione in chiave millenaristica di quello che la destra rappresentò al tempo degli spazi e della geometria politica.
Un progetto ambizioso e di elevata caratura che francamente non sono sicuro Fini sia in grado di portare a compimento. Fini oggi agisce per costruire il post Berlusconi e per far in modo che in quel post ci sia scritto il suo nome. Per completare una carriera. Se poi il mezzo per completare la carriera debba passare attraverso l’elaborazione di un nuovo modello – magari realmente del futuro e di elevata caratura – questo atterrà realmente alla capacità di Fini di saper intercettare capacità di persone che possano, ora o nell’immediato futuro, circolare intorno a lui.
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