ITALIA : PROGRESSISTI vs CONSERVATORI
L'italiano e' attendibile come soggetto capace di rinnovamento ?
Nel momento delle grandi sollecitazioni sociali, riemergono, puntualmente, quegli interrogativi che da sempre caratterizzano l'immaginario collettivo di una comunità nazionale. Uno di questi è quello concernente il carattere degli italiani, relativamente alla loro propensione ad esprimere un atteggiamento più conservatore o innovatore. Ad essere considerati come i promotori della conservazione o del progresso, attraverso l'innovazione ed il cambiamento.
Anni fa, mi capitò di leggere una delle ultime pubblicazioni di Giuseppe Prezzolini.
Una delle ultime fatiche del celebre ed incredibilmente longevo scrittore, scomparso nel 1982, all'età di 100 anni.
Prezzolini scrisse il suo Manifesto dei Conservatori, nel 1972, all'età di 90 anni. In quelle 150 pagine, Prezzolini ci dette la dimostrazione della sua incredibile capacità di cogliere l'attualità del tempo in cui viveva, della sua modernità, frutto dell'esperienza accumulata nella sua lunga vita spesa, quasi tutta, nel "secolo sterminato".
Prezzolini che si riteneva un "vero conservatore", con quell'opera volle dettare quelli che sarebbero dovuti essere i caratteri essenziali di un conservatore, o meglio, del conservatore italiano. Le cose più' interessanti, Prezzolini, le dice all'inizio della sua opera, quando tira in ballo le relazioni, tra i caratteri intrinseci alla nostra esistenza. Prima tra tutti, la biologia dell'uomo e le modalità di trasmissione dei suoi caratteri più intimi e cioè i caratteri genetici che l'uomo trasmette ai suoi figli.
Prezzolini fa corrispondere il crinale che divide, il conservare dall'innovare, proprio a cavallo del fenomeno di trasmissione dei caratteri genetici di padre in figlio. La natura tende a preservare, conservare ciò che preesiste e lo trasmette praticamente, pressoché invariato, ai suoi discendenti. La natura è conservatrice nelle sue movenze, nel suo incedere. I meccanismi di cambiamento, di rinnovamento del DNA trasmesso, sono minimali e corrispondono a "mutazioni" di ciò che già esiste e si spinge oltre, affermando che la "mutazione" del pre-esistente e cioè il cambiamento (o il rinnovamento), è un fenomeno limitatissimo e dal carattere episodico, patologico e non fisiologico.
In realtà, l'affermazione di Prezzolini, andrebbe corretta sulla scia di ciò che oggi si conosce nella biologia umana e cioè attraverso l'osservazione di ciò che accade alle cellule che si duplicano, originando nuove cellule. Le due nuove cellule che originano dalla cellula madre-precedente, sono cellule, in cui vi è il 50% del DNA della madre ed il 50% di nuovo DNA.
Il modello proprio per questo si chiama semi-conservativo.
Cosa vuol dire ?
Vuol dire che nella progressione della vita, c'e' conservazione e rinnovamento, esattamente al 50%. O ancora, vuol dire che la vita va avanti : "innovando nella conservazione".
La conclusione a cui arrivò Prezzolini, fu esattamente quella che lo portò ad affermare che la società avanza secondo il modello di : "innovare, conservando".
Fatta questa curiosa rielaborazione, della bella tesi di un Prezzolini senescente, ma acutissimo, cerchiamo di capire qual'è il carattere preminente che esprime oggi il cittadino italiano, post moderno, pronipote di quel Prezzolini che nasce l'anno prima di Mussolini e accompagna quest'ultimo per tutto il tratto della sua parabola politica, riuscendo a sopravvivergli e ad osservare le mutazioni di un Italia moderna, ben distante dall'Italia fascista e del dopoguerra.
Come sono gli italiani del 2012 ?
Sono conservatori, progressisti, innovatori, rivoluzionari ?
Sarebbero in grado di dare una svolta decisiva ad un paese, deformato da un ancestrale ritrosia al cambiamento e più portato alla perpetuazione dello status quo e delle rendite di posizione ?
Sarebbero in grado di operare una svolta decisiva, in un paese che ama, strenuamente, la conservazione ad libitum, dei privilegi privati ?
In realtà, occorre ammettere che esprimiamo un "deciso carattere rivoluzionario" verso i disagi privati, ma che ce ne infischiamo di quelli pubblici. Siamo Conservatori nei privilegi e nei diritti presunti e Riformatori rivoluzionari, verso i doveri e gli obblighi civili.
Infatti, da noi, proliferano le caste, le corporazioni, le confraternite, le sette, le cosche, le logge, gli ordini, l'associazionismo interessato, tutte espressione di interessi privati e consolidati. Altro che conservatorismo, si tratta di perpetuazione ad aeternum.
Siamo progressisti, in pubblico, per poter raggiungere posizioni che poi tendiamo a mantenere-conservare nel privato. Siamo tutto e siamo niente. Siamo tutto, perché mettiamo tutti noi stessi per poter raggiungere un obiettivo, con l'aiuto di un sostegno collettivo, per poi abbarbicarci allo scoglio - dorato e privato - conquistato e rimanerci ancorati con le unghie e con i denti.
Da noi gli incarichi politici durano a vita. I Presidenti sette anni, i capi dei sindacati un'infinità, non c'e' ricambio, ricircolo, alternativa. Sono sempre gli stessi, ai soliti posti, fino alla senescenza assoluta, fino al trascinamento delle membra. E magari sono proprio coloro che negli slogan predicano il progressismo, l'alternativa e il cambiamento che poi, al dunque, continuano a mettere - all'infinito - la faccia sui cartelloni o dietro le telecamere.
Un esempio pratico ? Semplice, basta guardare i sindacati ed i sindacalisti. Fanno fuoco e fiamme per spendersi per gli altri, per una causa comune, ma alla fine vedrete che non c'e' un sindacalista che non si ritrovi a beneficiare, in privato, del lavoro svolto in pubblico. Ma non sono solo loro, c'e' un esercito sterminato di "rivoluzionari" all'occorrenza privata.
Spietato, ma assolutamente apodittico, nel descrivere questo atteggiamento tutto italiano, fu Leo Longanesi che coniò l'aforisma : "Cercava la Rivoluzione, trovò l'agiatezza".
Siamo conservatori nel privato e progressisti nel pubblico. Nella quiete del nostro orticello cerchiamo di mantenere inalterato e di blindare il nostro status quo, ma nel pubblico e cioè in quella parte che percepiamo, erroneamente, come estranea a noi stessi, siamo degli spericolatissimi progressisti. Siamo gli apologeti del cambiamento. Riusciamo a percepire tutto come inadeguato e da riformare. Ma ci piace Riformare con ricadute personali. Berlusconi ne è stato l'ultimo esempio.
Siamo critici, fino all'inverosimile, verso l'Italia e tutte le sue inadeguatezze ed inefficenze. Biasimiamo e deploriamo, in pubblico, le nostre pulsioni, spesso incivili, per poi, spente le "telecamere", aprire il finestrino e gettare l'immondizia dal medesimo. Siamo i Principi delle riforme, ma, beninteso, delle riforme che esauriscano gli effetti, fuori dell'uscio della nostra abitazione e del nostro spazio privato.
Fatto questo impietoso ritratto delle "virtù" italiche, cosa ci possiamo e ci dobbiamo aspettare da "noi" italiani che stiamo vivendo questo, tristissimo, momento della nostra storia ? Dopo essere stati presi per il sedere, per anni, anzi per decenni, dai soliti figuri della politica e dopo averci rimesso una montagna di quattrini (non tutti ovviamente vista la taglia dell'evasione fiscale), saranno in grado di reagire, di avere uno scatto di orgoglio che ci consenta di scuoterci da questo torpore, da questo condizionamento anestetizzante, creato dai politici, applicando per oltre 50 anni i paradigmi della logica clientelare ?
Siamo in grado di poterli finalmente "mandare nel paese" in cui meritano ?
Se non adesso, Quando ?
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